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Il Museo Nazionale di Antropologia di Città del Messico è trai i più grandi del Messico e tra i più importanti di tutta l'America Latina. Vanta di una vasta collezione di archeologia mesoamericana, a testimonianza delle numerose civiltà che fiorirono nell'attuale Messico, dagli Olmechi ai Toltechi, dai Maya agli Aztechi e molte altre culture precolombiane. Il museo è suddiviso in ben 23 sale con esposizioni permanenti, 1 sala di esposizioni temporanee e due auditori. A sua volta delle 23 sale con esposizioni permanenti, 13 solo dedicate all'antropologia e archeologia. Una visita attenta percorrendo tutte le sale richiederebbe almeno 3-4 ore! Noi ci siamo arrivati intorno alle 11 e ne siamo usciti alle 16 (ed alcune sale le abbiamo percorso quasi correndo!). Vi consigliamo quindi di fare un'abbondante colazione o pranzo "alla messicana" prima della visita al museo (c'è comunque un ristorante al suo interno, ma poi perdereste tempo prezioso). ![]() Tra le sale archeologiche più interessanti vi sono: 1. Culture indigene del Messico 2. Introduzione all'antropologia 3. Popolamento dell'America 4. Preclassico nell'Altopiano Centrale 5. Teotiuhacan 6. I Toltechi e la loro epoca 7. Mexica 8. Culture di Oaxaca 9. Culture della Costa del Golfo 10. Maya 11. Culture dell'Occidente 12. Culture del Nord 13. Olmechi Ecco di seguito alcune foto scattate nella Sala Mexica, sicuramente la più imponente di tutte e dove vi troviamo la famosissima Pietra del Sole o Calendario Azteca. Di particolare interesse è anche il "Monito de Obsidiana" - opera esemplare in obsidiana finemente levigata proveniente da Texcoco. . Da non perdere neanche la Sala Maya, di notevole importanza è la maschera mortuaria di giada del famoso governante Pakal Il Grande e la riproduzione della sua tomba, situata nel Tempio delle Iscrizioni a Palenque, Chiapas. Un altro reperto famoso del museo è la Cabeza Colosal olmeca, risalente al 1200-600 a.C. (preclassico medio). La rappresentazione della figura umana, soprattutto della testa, la parte più importante del corpo, fu una ricerca costante della cultura olmeca. La testa colossale esposta al museo pesa circa 20 tonnellate ed è una delle più grandi del gruppo rinvenuto a San Lorenzo, Veracruz. In epoca postclassica, tra il 1200 e 1521, i Mixtechi originari dello stato di Oaxaca, dimostrarono un'incredibile abilità nell'arte orafa e nella lavorazione di pietre preziose, dando vita a spettacolari gioelli per la classe governante. Nella Sala Oaxaca, come mostrato nella foto di seguito, possiamo ammirare un eccezionale pettorale d'oro mixteco, la cui forma circolare richiama un chimalli o scudo, con al suo interno una forma geometrica e attraversato orizzontalmente da tre frecce, che conferiscono al prezioso un carattere decisamente bellico.
La "rosca de Reyes" è in Messico il tradizionale dolce dell'Epifania. Si tratta di un dolce a forma di ciambellone ricoperto di zucchero e frutta secca, immancabilmente accompagnato da una tazza di cioccolata calda.
All'interno, nell'impasto vengono inserite figurine di plastica, tipicamente di Gesù bambino, niño Dios. Quando si taglia il dolce, a chi capita una fetta contenente il "monito" spetta pagare i "tamales" per il giorno della Candelaria, il 2 Febbraio, o più in generale un pranzo o una cena. Alla scoperta dell'Irpinia, visita del borgo medievale di Taurasi (AV).
According to our latest findings, the Galluzzo surname in the Campania region probably originated in 1250 - 1300, as a toponymic surname, i.e. derived from a place name. This is also the period when most of Italians started to use fixed hereditary surnames. In the centuries before they used expressions like Antonio son of Gabriele, Gabriele son of Andrea or Antonio from Galluccio (de Galluccio or de Galluzzo). There is a small village called Galluccio in the province of Caserta. Galluccio is a modern version for Galluzzo, both deriving from the Latin Gallutius and meaning small rooster. At some point people moved from the fief of Galluccio spreading to other towns and using the surname [from] Galluzzo. This is opposed to the other hypothesis supporting the bird nickname origin of Galluzzo, animal nicknames were often used in the Middle Ages. Assuming a certain population grow model, it is likely that Galluzzo were already in Castel San Giorgio in 1300-1400. Certainly before the discovery of America! Maybe even earlier, but not before fixed hereditary surnames were adopted in Italy starting from around 1250. The oldest records of Galluzzo's in Castel San Giorgio date back to the beginning of 1500s, based on surviving parish records and civil archives. These older records are taken from the Archivio Diocesano di Salerno, a centralised archive in Salerno where they keep the oldest parish documents from the entire province. In most cases they start from 1600, but for St. Barbara rare documents from 1500 survived. There was a chapel on the same hill at least from 1309. In 1575 the total population of the Torello - St.Barbara parish was of about 188 individuals, 32 of them were Galluzzo's, the second most common surname in the village after Falco (falcon), just another medieval 'bird name', who counted 43.
Le torri costiere costituivano un sistema difensivo, di avvistamento e di comunicazione lungo la fascia costiera del regno di Napoli, particolarmente numerose lungo la costiera amalfitana, furono erette per contenere le frequenti incursioni saracene.
Da ogni torre era possibile scrutare il mare e vedere di solito le due adiacenti, con la possibilità di inviare segnali luminosi e di fumo per trasmettere un messaggio o richiedere soccorso.
Queste fortificazioni sono state costruite a più riprese nell'arco di ottocento anni, dal IX al XVII secolo, a testimonianza di violenti scontri tra le popolazioni costiere contro continue incursioni saracene e corsare. La pianta delle torri di avvistamento è di due tipi, cilindrica nel caso delle più antiche di epoca angioina, o quadrata, tipica di costruzioni o rifacimenti successivi del '500, durante il periodo del vicereame spagnolo, più resistenti ad attacchi di armi da fuoco.
La maggior parte delle torri che osserviamo sono del secondo tipo, erette nel XVI secolo, sotto il periodo spagnolo con il viceré don Pedro di Toledo. A seguito di stratificazioni successive è probabile che molte torri siano state erette sui resti di fortificazioni più antiche del periodo Longobardo-Normanno del X e XI secolo. Un inventario del 1748 ci dà un numero complessivo di 379 torri nel Regno di Napoli, con la maggior concentrazione con 93 torri nel Principato Citra (corrispondente approssimativamente all'attuale provincia di Salerno). Riportiamo di seguito alcune immagini del tratto di costa di circa 25 Km tra Positano e Vietri sul Mare, lungo il quale è ancora possibile osservare più di una ventina di torri difensive. Le foto sono state scattate con un teleobiettivo (70-300mm) da un traghetto sulla rotta Positano - Salerno.
Vietri Sul Mare - Torre di Marina d’Albori, oggi proprietà privata.
Cetara: la torre di Cetara costruita nel 1576 sulla struttura di una vecchia torre già esistente, probabilmente del 14° secolo. Di proprietà dell’amministrazione pubblica per convertirlo in museo della pesca
Torre Bianca o Torre del Silenzio, Conca dei Marini, costruita nel '500, sorge su un promontorio davvero suggestivo sia visto da mare che dall’alto. Era usato come cimitero
Torre Badia (o Cesare) - Maiori
Praiano: Torre Assiola o Sciola costruita nel 1270 e commissionata da Carlo d’Angio’. Per tanti rappresenta la torre medievale più bella della Costiera Amalfitana. Torre Grado, costruita nel 1564 è oggi completamente ristrutturata.
Positano: Torre Fornillo (a sinistra), a pianta pentagonale e Torre Trasita (a destra), a pianta circolare, situata su una roccia a strapiombo sul mare.
Torre Fornillo, Positano
Castello Arechi, Salerno
![]() Era l’11 Maggio 1906 quando il mio bisnonno Fortunato Galluzzo di Torello di Castel San Giorgio (SA), allora un ragazzo di 29 anni, di professione muratore, salpò dal porto di Napoli per l’America, come attestato dai registri migratori di Ellis Island di New York. Fortunato intraprese il suo primo viaggio transatlantico insieme al fratello minore Domenico, di 19 anni. I due fratelli si imbarcarono sulla Lazio, nave acquisita quello stesso anno dalla Società di Navigazione Generale Italiana per servire la rotta Napoli - Palermo – New York, sostenendo gli ingenti flussi migratori dell’epoca. Stazzava 9.203 tonnellate, era lunga 143 metri e larga 17. Aveva motori a vapore a tripla espansione e doppia elica. Poteva viaggiare ad una velocità di 13 nodi (24.1 Km/h) e trasportare fino a 2.270 passeggeri, di cui 70 in prima classe e 2.200 in terza. Sarebbero arrivati al porto di New York il 30 Maggio 1906, dopo ben 19 giorni di viaggio in mare, una vera e propria odissea, stipati in terza classe con migliaia di persone in condizioni che oggi potremmo considerate disumane. Un terzo fratello, Gabriele, emigrato qualche anno prima, probabilmente nel 1903, li aspettava a New York, a Manhattan in Broadway 403, nel quartiere Little Italy. Da l¡ si diressero a Scottdale, Pennsylvania, una piccola cittadina dove sorgevano all’epoca varie industrie. Fortunato e Domenico attraversarono l’Atlantico in cerca di fortuna e lavoro in un paese lontanissimo e completamente sconosciuto, in un mondo non globalizzato come l’attuale, chissà se prima di partire avessero almeno visto una cartolina dell’America o se a motivarli erano solo le lettere e storie di familiari e compaesani emigrati prima di loro. Domenico si stabilì negli Stati Uniti in Pennsylvania, dove tuttora vivono i suoi discendenti. Fortunato ritornò in Italia ed ebbe due figli, Maria e Gaetano, mio nonno, il quale a sua volta sarebbe stato in Sud America, in Venezuela....ma questa è un'altra storia... Ed eccomi qua, un secolo dopo, in circostanze diverse, ma pur sempre lavoratore migrante espatriato da quasi 7 anni in Olanda. Confronto le loro settimane di viaggio in mare aperto, più chissà quante ore di treno, alle due ore del volo Amsterdam – Napoli. Non dovrei quindi sentirmi tanto alienato e lontano dal mio paese natio, non quanto Fortunato e Domenico. Cosa li spinse ad intraprendere un viaggio così lungo e pericoloso? Forse, come carpentieri, la speranza di lavorare nei tanti cantieri che contribuirono alla crescita del grande paese nordamericano.
Mi precedono generazioni di contadini, muratori, falegnami, sarti e forse tante altre professioni ormai estinte. Da un antico documento catastale della terra di Sangiorgio del 1594 figurano a Torello un certo Mastro Adante Galluzzo ed un tale Mastro Antonio Galluzzo. Non viene specificata la loro professione, ma l’appellativo Mastro doveva riferirsi alla figura di un artigiano specializzato, non ad un semplice contadino. Molte di queste professioni si tramandavano da padre in figlio, forse ogni casato o famiglia doveva avere qualche specialità. Pertanto mi piace pensare che mi precedano almeno 500 anni di mastri Galluzzo. Il nostro carissimo amico mastro ebanista Antonio Zambrano cita un certo Santolo Galluzzo di Torello tra i primi suoi maestri! Zambrano è una delle storiche famiglie del borgo di Torello, dove la loro presenza insieme ai Galluzzo, Mazzariello, Falco, agli Amabile e tanti altri, è attestata fin dagli inizi del '500. Questo mi dà un senso di continuità, dovrei quindi aspirare a diventare un moderno mastro ingegnare spaziale? Cambia l’oggetto, ma non cambia l’attitudine della persona, la sua passione e dedizione al lavoro. Testa, mani e cuore restano ingredienti fondamentali. Vi auguro una buona notte del lavoro narrato! Akrotiri è un insediamento minoico dell'Eta del Bronzo situato sull'isola vulcanica di Santorini (Thera). Il sito fu distrutto da una violenta eruzione del 1627 a.C. circa e sepolto da uno spesso strato di ceneri vulcaniche che, come a Pompei, ha preservato molte delle antichissime strutture, ceramiche, oggetti e affreschi. Si pensa che questo sito sia stato la fonte d'ispirazione per Platone della leggendaria civiltà scomparsa di Atlantide. Gli scavi archeologici ad Akrotiri, tuttora in progresso, iniziarono nel 1967 sotto la guida dell'archeologo greco Spyridon Marinatos, con un progetto della Società Archeologica di Atene. Le spesse coltri di ceneri vulcaniche non hanno ancora permesso di tracciare i confini dell'antica città, nemmeno con l'ausilio di moderne tecnologie. Più di 30 edifici sono stati individuati in un'area di 1.2 ettari protetta da una moderna copertura bioclimatica, solo quattro di questi edifici sono stati esplorati in profondità. I resti visibili della città risalgono alla prima fase della Tarda Età del Bronzo (1650-1500 a.C.). Tuttavia ritrovamenti in altri livelli degli scavi risalenti al Neolitico e periodo Cicladico, dimostrano che il sito sia stato abitato ininterrottamente dal periodo Neolitico Medio (metà del quinto millennio a.C.). |
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August 2021
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